Psoriasi ed acqua di rubinetto: quale legame?
Nei giorni scorsi, un consigliere del comune di Trento ha affermato “a casa ho dovuto installare un depuratore dell’acqua e questo ha fatto sì che la psoriasi di mio figlio passasse”, a proposito della discussione sulla sostituzione delle bottiglie di acqua minerale con caraffe di acqua di rubinetto durante le sedute istituzionali. Una proposta di buon senso da cui è partito un confronto molto acceso, fino alla richiesta di dimissioni del consigliere perché “Diffonde false informazioni e inutili timori nella popolazione,danneggiando anche l’immagine pubblica della città”. Ma esiste un legame tra la psoriasi e l’acqua di rubinetto?
Ciò che differenzia primariamente l’acqua di rubinetto da un’acqua minerale o un’acqua filtrata ad un addolcitore (questo ipotizziamo che fosse ciò che intendeva il consigliere comunale parlando di “depuratore dell’acqua”) è la presenza di carbonato di calcio e cloro. Il primo passa naturalmente nell’acqua quando essa scorre in mezzo alle rocce e determina la sua durezza, caratteristica ben nota a chi fa bucato in quanto causa la precipitazione dei saponi e di conseguenza la loro minore efficacia (e una vita breve della lavatrici…). Il secondo viene aggiunto al fine di limitare la crescita batterica.
E’ stato dimostrato come la durezza dell’acqua sia legata alla prevalenza di dermatite atopica nei bambini della scuola primaria. Il cloro presente potrebbe invece agire da irritante e/o modificare la microflora, ma questo al momento è poco più di un’ipotesi.
Ma per quanto riguarda la psoriasi? Non esistono al momento studi che dimostrino come la prevalenza della malattia sia maggiore in zone con acqua dura/molto dura o come essa sia correlata alla presenza di cloro. Quello che si sa è che la psoriasi è associata ad una bassa biodiversità a livello di microflora cutanea (i batteri e i funghi che naturalmente sono presenti su tutta la nostra pelle) e che durante le cure termali avviene una modifica di questa composizione, aumentando tipologie di microorganismi e di conseguenza migliorando i sintomi legati ad infiammazione e prurito, nonché all’estensione delle placche. Pertanto s’ipotizza che alte percentuali di cloro possano limitare la biodiversità microbica e di conseguenza modificare, soprattutto in caso di docce/bagni frequenti, i sintomi della psoriasi. Parallelamente, un’acqua particolarmente dura (alte percentuali di carbonato di calcio) può peggiorare le condizioni della barriera cutanea ed agire sempre nella stessa direzione. E’ tuttavia inverosimile e non supportato da studi che l’esordio della malattia avvenga a causa dell’acqua di rubinetto, così come una sua risoluzione come conseguenza del passaggio ad un’acqua addolcita o minerale. Sarebbe una rivoluzione per chi ha la psoriasi, ma purtroppo non è così. Se poi consideriamo che sono state trovate tracce di plastica nel 90% delle acque minerali, si capisce come vadano considerati anche questi microinquinanti e le loro conseguenze sulla pelle.
Un ultimo accenno al microbiota intestinale. Quest’ultimo rappresenta la popolazione di microorganismi che colonizza il nostro colon intestino da pochi giorni dopo la nascita per tutta la nostra vita. Si sta indagando la sua correlazione con la malattia psoriasica e con ogni probabilità esistono legami importanti su cui non è chiaro come si possa intervenire. Sicuramente l’acqua che beviamo influenza il microbiota intestinale e ci sono differenze tra una contenente cloro e una no, tuttavia è ancora presto per dire se e come questo sia legato all’esordio della psoriasi e ancor più al suo decorso. Pertanto, anche da questo punto di vista quanto affermato dal consigliere è con ogni probabilità da ascriversi ad altri fattori e non è allargabile alla popolazione.