Uno studio per capire l’impatto della psoriasi sulla nostra vita
Il nostro benessere psichico viene influenzato dalla psoriasi? E in che misura? Se lo sono chiesti i ricercatori del Leo Innovation Lab, una divisione della Leo farmaceutici.
Lo studio è stato condotto tramite questionari anonimi compilati da persone di tutto il mondo tramite una app oppure un sito web. Si tratta quindi di un lavoro su scala globale che può farci capire come se la passano le persone che soffrono di psoriasi, divise per gravità della patologia, paese, estrazione sociale ecc.
Certo, un questionario anonimo garantisce la sincerità, ma il fatto che venga fatto online, magari senza le dovute premesse, può dare spazio a risposte date con superficialità. Inoltre, non sapendo chi sono le persone che hanno risposto al questionario e quale sia precisamente la severità della loro psoriasi, non possiamo essere certi che quanto dichiarato dalle persone risponda alla realtà … a volte la percezione che si ha è diversa da quello che può valutare un medico.
Dopo averne visto i limiti, passiamo ai risultati di questa ricerca:
quello che emerge in generale è che la felicità delle persone con psoriasi grave è molto più bassa rispetto a quelle che soffrono di psoriasi lieve. Quindi, se una persona con psoriasi lieve (ad esempio solo su gomiti e ginocchia) non risente di particolari disagi psicologici, al contrario una persona con una psoriasi severa, diffusa in tutto il corpo, la vive come un forte handicap psicologico e come limitazione nella vita quotidiana.
Questo dato mi ha fatto riflettere. Mi è venuto in mente che quando dico ad una persona che conosco poco che soffro di psoriasi, spesso vengo presa sottogamba … “Ah, ma è solo psoriasi”, leggo sulla loro fronte. Allora cerco di spiegarmi meglio, descrivo la situazione, come può presentarsi al suo peggio ecc. ecc. e i miei interlocutori cambiano espressione. Si rendono conto che psoriasi non è solo quella leggera secchezza sui gomiti, ma può essere ben altro. Può essere una malattia difficilissima da affrontare e da trattare, invalidante, che può portare a depressione e comunque a un forte senso di difficoltà per chi ne soffre.
Penso che un compito che ognuno di noi può prendersi è quello di informare le persone che non ne sanno molto su ciò che può essere la psoriasi: chi ne ha una forma lieve, può ad esempio dire “io sono fortunata/o, ma la psoriasi non è solo questo, può essere anche molto grave”, mentre chi ne soffre in modo severo può provare a descrivere la propria condizione.
Noi tutti dobbiamo fare informazione sulla nostra patologia, perché più persone informate, vogliono dire meno discriminazioni per chi soffre di psoriasi!
Altro dato che emerge dallo studio è che molti pensano che il proprio medico non comprenda appieno l’impatto psicologico della patologia. Lo ritengo grave, in quanto se non è l’esperto a capire quanto soffriamo, è difficile immaginare di poter essere capiti dal “mondo esterno” all’ospedale. La fiducia cala, anche nel sentirsi capaci di intrecciare relazioni sociali: e infatti, un altro tratto distintivo di chi soffre di psoriasi è il senso di solitudine.
Ma la cosa più interessante è che più aumenta lo status socioeconomico e più ci si sente compresi. E anche la solitudine sembra essere un problema minore. Quindi chi ha accesso a medici migliori e vive in un ambiente più ricco e con gradi di scolarità più alta, si sente mediamente molto meno discriminato di coloro che hanno uno status socioeconomico basso.
Nulla di nuovo purtroppo: le disuguaglianze di salute caratterizzano in maniera decisiva non solo il modo in cui sono distribuite le patologie, ma anche il modo stesso di viverle.